L’uso del sale ha origini antichissime: 10.000 anni fa, nel Neolitico, con la nascita dell’agricoltura si modificò profondamente lo stile di vita dell’uomo.
Il cambiamento nell’alimentazione che derivò dall’ampio consumo di cereali coltivati , ma soprattutto la necessità di conservare a lungo, mediante salatura, le derrate alimentari deperibili, rese necessario il diffuso utilizzo del Cloruro di Sodio.
Il sale divenne, quindi, un bene di prima necessità che poteva venire estratto in forma solida dai depositi di salgemma o ricavato attraverso la cristallizzazione di acqua salata.
Il controllo della sua produzione costituì un obiettivo primario per le comunità più antiche che si arricchirono con tale commercio, paragonabile a quello dell’ossidiana, dell’ambra e, in periodi più recenti, delle spezie e della seta
Come ricordano le fonti antiche ampie zone delle coste italiane erano occupate da impianti per la produzione del sale; i più importanti furono, probabilmente, quelli situati vicino a Roma in prossimità delle foce del Tevere.
Ben nota è anche la strada che proprio dal sale prendeva il suo nome, la Via Salaria, attraverso la quale questo prodotto giungeva da Roma sino alle zone più interne della penisola.
Caratteristiche dei vari tipi di sale:
Il sale da cucina può essere estratto dal mare o dalla roccia: quello da salgemma è praticamente cloruro di sodio allo stato puro, quindi spesso viene poco lavorato.
Il sale marino invece viene sottoposto a “raffinazione”, un termine che viene ormai demonizzato ma che in questo caso significa che viene lavato con una soluzione salina per eliminare varie impurità, asciugato e setacciato; a volte, in seguito, addizionato con iodio ed eventuali additivi.
Il fatto che il sale raffinato venga sbiancato poi è un altro mito duro a morire: come spiega anche il chimico Dario Bressanini, il sale è già bianco di per sé, non ha nessun bisogno di essere sbiancato.
Il Ministero della Salute promuove il consumo di sale addizionato di iodio, l’unico problema in questo caso è la necessità di utilizzare alcuni additivi per fissare lo iodio al sale: ce ne sono 8 ammessi nella sua produzione, ma un tipo in particolare, chiamati ferrocianuri, sono sotto accusa (e proibiti in altri Paesi, come la Gran Bretagna).
Si tratta di sostanze tossiche se assunte allo stato puro, ma autorizzate in piccole dosi, gli additivi, in teoria, andrebbero dichiarati in etichetta, ma una legge molto vaga è semplice da aggirare.
Il sale rosa più conosciuto e usato in assoluto è quello dell’Himalaya: si tratta di un salgemma naturale, non trattato e non raffinato, che viene estratto alle pendici della catena himalayana, in strati geologici dove si trovava un vasto oceano nell’era secondaria (200 milioni di anni fa).
È considerato per questo il più pregiato e il più completo e puro dei sali, è il residuo dell’oceano primordiale che si è prosciugato con la formazione della catena montuosa dell’Himalaya, quindi è a ben dire un sale fossile, frutto di un’era in cui gli oceani non erano inquinati.
La sua particolare colorazione rosa deriva dall’elevata concentrazione di minerali e oligoelementi, come il ferro e il rame.
Tabella delle caratteristiche:
|
Marche e prodotti:
La prima marca che andremo ad analizzare è la “Italkali” nel commercio del sale è un’azienda piuttosto nota, produce un prodotto in grado sia di condire “ad hoc” le pietanze, sia (nella versione che prevede il sale grosso) di far sciogliere la neve ed il ghiaccio in Inverno.
I clienti ne parlano molto bene, secondo alcuni mantiene a pieno le promesse ed è assolutamente utile grazie alle caratteristiche che, come detto gli consentono di essere “multitasking”.
Oppure il Salfiore di Romagna marino integrale a grana medio-fine: si tratta di un sale marino integrale ricavato dal vaglio del sale grosso, proprio per selezionare solo il fiore dei cristalli naturali, quelli più fini.
Non essiccato artificialmente e privo di additivi, semplicemente lavato con acqua ad alta concentrazione salina, conserva così integri tutti gli oligo-elementi presenti nell’acqua marina.Indicato per insaporire carne, pesce e verdure. Impiegato per la produzione di salumi, formaggi, piadina e (chi lo avrebbe mai detto!) cioccolata.
La terza marca di cui vi parlerò è la “Damune” perché produce una serie di sali molto particolari: a partire dal Sale Nero Black Lava Hawaii – Molokai, un sale marino infuso con carbone attivo conferisce profondità e complessità alle creazioni culinarie più delicate. Ottimo con il pesce, i frutti di mare, carne e verdure.
Il Sale Rosso Alaea Hawaii – Molokai: che è un sale marino non trattato, ricco di minerali e ferro, di sapore mieloso, si combina bene con tutti i tipi di piatti, zuppe e stufati ma non solo, abbiamo anche il sale a scaglie di Cipro, che risulta delicato e spugnoso, con un sapore delicato, questo versatile sale marino gourmet del Mediterraneo è ideale per cucinare, infornare e come guarnizione ed il Fiore di Sale Delta dell’Ebro il quale, rispetto agli altri, risulta essere più delicato e viene raccolto manualmente tutti i giorni seguendo metodi tradizionali nel Parco Naturale del Delta dell’Ebro (Riserva Biosfera). Ideale per condire tutti i tipi di alimenti.
Infine abbiamo il Sale Kala Namak il quale presenta un sapore leggermente affumicato con note di zolfo, questo sale naturale viene ampiamente utilizzato nelle cucine indiana e vegan per chutney, yogurt, insalate e tutti i tipi di frutta.
Tabella delle marche:
|
Conclusioni:
Come sempre ci troviamo davanti ad una vera moltitudine di prodotti, vi consiglio di studiare bene il sale che fa per voi e ricordatevi che: “non è tutt’oro quello che luccica!”